Inquinamento da macroplastiche: Venice Lagoon Plastic Free in azione a Pellestrina

Dicembre 24, 2021
Inquinamento da macroplastiche: Venice Lagoon Plastic Free in azione a Pellestrina

L’associazione denuncia l’inquinamento massiccio da macroplastiche derivanti da attività di pesca sul litorale dell’isola

Venice Lagoon Plastic Free ha organizzato un evento di monitoraggio, clean up e riciclaggio sperimentale dei rifiuti marini, in particolare delle macroplastiche, presso l’isola di Pellestrina, una sottile striscia di litorale tra la laguna veneziana e il mar Adriatico. L’evento si è svolto sabato 11 dicembre in collaborazione con Legambiente e nel quadro dei progetti europei H2020 MAELSTROM e InNoPlastic.

Con il termine macroplastica si intende rifiuti di dimensioni superiori a 5mm, estremamente pericolosi per tartarughe, pesci e uccelli marini che vi restano spesso imprigionati oppure soffocati perché le scambiano per cibo.

Fondamentale per la riuscita dell’attività è stato l’utilizzo di un’applicazione sviluppata da Venice Lagoon Plastic Free in collaborazione con Gees Recycling in seno al progetto MAELSTROM. L’app, in fase di sperimentazione avanzata, permette di identificare, geo-localizzare e caratterizzare i rifiuti secondo una codificazione internazionale. Non solo, attraverso una specifica funzione di tracciamento dei rifiuti medesimi è possibile ricostruirne la filiera dal ritrovamento e rimozione al trasporto e (pre)trattamento meccanico o chimico nel quadro di una economia circolare delle plastiche.

Durante il clean up sono stati raccolti 924 Kg suddivisi principalmente in boe e galleggianti, gonfiabili, polistirolo, bottiglie e tappi di plastica mono uso, imballaggi per alimenti. Queste ed altre tipologie di macroplastiche rinvenute lungo la spiaggia, abbandonate in loco da persone incivili o trasportate dalle correnti marine e dalle onde e spiaggiate nel corso di mareggiate, connotano tristemente il paesaggio del litorale di Portosecco.

Un quadro particolarmente drammatico emerge dal monitoraggio effettuato. Su un totale di 1944 rifiuti rinvenuti in soli cento metri di spiaggia, 896 (46%) erano reti riconducibili all’allevamento delle cozze e della pesca. Uno scenario scioccante, soprattutto se si considera che questi rifiuti provengono paradossalmente da un settore che vive grazie al mare, ma che, nonostante ciò,  contribuisce ad inquinarlo così gravemente.

Come evidenzia il rapporto Plastic Litter in the Adriatic Basin diffuso lo scorso giugno da Greenpeace, i rifiuti riconducibili alla pesca rappresentano, insieme agli imballaggi monouso, la principale causa di inquinamento da plastica nel mar Adriatico. A livello globale si stima che ogni anno finiscano in mare 640 mila tonnellate di reti e altri attrezzi da pesca, che corrispondono a circa il 10% di tutti i rifiuti in plastica dispersi in mare. Quel che è peggio è che solo una minima parte di queste attrezzature è riciclata: secondo alcune stime, in Europa il riciclo non supera l’1,5%.

“La gravità della situazione derivata dall’inquinamento da plastica richiede la collaborazione immediata da parte dei pescatori e degli operatori della miticoltura e al contempo un rafforzamento delle politiche già attivate dal comune di Venezia per il conferimento dei rifiuti da pesca a terra” dichiara Davide Poletto, direttore di Venice Lagoon Plastic Free. “E’ evidente che una densità così elevata di rifiuti da pesca nell’area di Pellestrina, ma non solo purtroppo, è indice di un problema persistente e irrisolto. Vi è verosimilmente una gestione inappropriata dei rifiuti da pesca di una parte dei miticoltori della zona che sembrano rilascino deliberatamente nell’ambiente marino massicce quantità di calze per mitili in polietilene e polipropilene caratterizzate da tempi di degradazione di circa 200 anni. Si tratta di materiali termoplastici che potrebbero avere una prospettiva di riciclo che Gees Recycling di Aviano andrà a testare in prossimi mesi. Non solo, esistono alternative, già sperimentate a tali materiali, per altro naturali e biodegradabili che dovremmo avere il coraggio di sperimentare e diffondere su larga scala anche se relativamente più costosi delle retine di plastica che ritroviamo in mare, e del cui impatto finale, tuttavia, ben pochi pare vogliano farci i conti”.

 

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